
La font dell’eterna giovinezza
Ancora una volta, Steve
Fino agli anni settanta del secolo scorso i caratteri tipografici erano materia per specialisti, architetti, designer ed abili artigiani che trasformavano in metallo i disegni su carta.
Di certo non si poteva selezionare il carattere preferito picchiettando sulla macchina da scrivere, ed anche i primi personal computers lasciavano poco spazio alle velleità tipografiche dell’utente.
Dobbiamo riconoscere alla Apple di Steve Jobs (ancora lui) il merito di aver inserito nel primo computer Macintosh del 1984 un menù che consentiva di scegliere tra numerosi caratteri (circa 15!), spalancando le porte su un territorio vasto e affascinante, da quel momento accessibile a tutti.
Come ricordato da Jobs nel celebre discorso alla Stanford University, l’incontro con la calligrafia ed i suoi valori è stato determinante per la sua crescita personale. “Ho imparato i caratteri con grazie e senza grazie, come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende così grande la migliore tipografia. Era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto catturarlo, ed io lo trovavo affascinante. Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer con una bella tipografia. (…) E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora la avrebbe.”
La famiglia cresce
I font stanno per tagliare il traguardo dei 6 secoli e ogni anno la famiglia cresce. Ormai sono più di 100.000, ce n’è per tutti i gusti e tutte le occasioni e sembra proprio che ogni graphic designer consideri un punto d’onore progettarne almeno uno prima di appendere il mouse al chiodo.
Ma quanto sono importanti i font nella comunicazione?
Facciamo qualche esempio. Correva l’anno 2009 quando IKEA ha pensato bene di cambiare il suo font istituzionale da Futura a Verdana, un font creato per Microsoft, in realtà pensato più per lo schermo che per la carta. La ragione è stata esplicita e razionale: uniformare i font utilizzati sui diversi mezzi e canali di comunicazione, allineando i cataloghi al portale web, già pubblicato da IKEA in Verdana. Ma né i consumatori né i mass media hanno apprezzato la mossa del colosso svedese, tanto che l’eco della polemica ha scosso il mondo intero. Il font conta, eccome, perché cambia il tono della comunicazione e la percezione del messaggio. IKEA ha peraltro tenuto duro e continua ad usare Verdana, ma con qualche pezzo di identità e di stile persi per strada.
Premesso che tutte le aziende devono definire i propri font istituzionali, molte di esse fanno ricorso a font personalizzati ed esclusivi: ad esempio Renault e Dacia, appartenenti allo stesso gruppo automobilistico (ma con posizionamento di marketing ben distinto) fanno uso di due font proprietari diversi e riconoscibili.
Volkswagen dal canto suo ha usato per decenni il Futura per i suoi annunci pubblicitari (per passare nel 2015 ad un tiepido font proprietario, teutonicamente battezzato “Volkswagen”), mentre Huawei si presenta tra i top players della telefonia con un impeccabile Helvetica.
In sintesi, nella selezione di un font per il business, grande o piccolo che sia, occorre agire in modo professionale e consistente, evitando di inoltrarsi su percorsi stravaganti.
Come scrive giustamente Simon Garfield in Just my type: “Se il tuo business dipende da ciò, non pensare di essere un tipografo. Fai lavorare un designer”.
Ma il font non va mai lasciato al caso, non solo da parte delle aziende. “Usare il Times New Roman in un curriculum è come presentarsi ad un colloquio di lavoro in tuta. Perciò, se volete darvi una chance, evitatelo come la peste”. Così perentoriamente Brian Hoff, direttore creativo della Brian Hoff Design, intervistato da Bloomberg, Ciò perché il candidato dimostra passività e scarsa propensione all’innovazione.
Per fare un altro esempio sull’importanza del font sulla percezione di testo, ad un gruppo di lettori è stato presentato un testo satirico tratto dal New York Times stampato con due diversi caratteri, Times New Roman (graziato) ed Arial (senza grazie). Interrogati su quali fossero i migliori aggettivi per descrivere gli articoli, i lettori più facilmente hanno collegato le parole “divertente” e “arrabbiato” al testo stampato in Times New Roman. Poiché sia l’umorismo che la rabbia sono emozioni centrali per il successo della satira, un font graziato è determinante per ottenere l’effetto desiderato.
Una questione di genere e di stile
Spesso si sente chiedere se font è maschile o femminile. Noi preferiamo dire la font (anche se per questo post usiamo il maschile) ma se è viva la curiosità di approfondire la questione consigliamo il parere ben meditato dell’Accademia della Crusca.
Peraltro in lingua italiana l’espressione corretta sarebbe “stile del carattere” e tra i più noti ricordiamo Arial, Times New Roman, Helvetica, Garamond, Futura, Verdana, Calibri. “Font” è un termine che designa l’intero set di caratteri di uno stile, ma si usa correntemente anche per lo stile stesso.
Possiamo sinteticamente inquadrare i font in quattro gruppi.
- Con grazie (serif): Il primo è costituito dai font con grazie (serif) come il Times New Roman, il Georgia, il Baskerville, il Bodoni. Le grazie sono allungamenti ortogonali sia nella parte alta che nella parte bassa delle lettere, che vengono così bilanciate graficamente e aiutate a collegarsi l’una all’altra.
- Senza grazie (sans serif): Il secondo gruppo è quello dei font senza grazie (sans serif), come Helvetica, Arial, Futura, Impact. La fine delle linee è secca, priva di abbellimenti e lo spessore è costante, fatta eccezione per i sottogruppi Gothic, con spessore sottile nella parte curva delle lettere, e il Single Line San Serif che non presenta differenza di spessore, ed è utilizzato nei titoli per renderli leggibili da lontano.
- Hand writing: Il terzo è l’hand writing, che richiama in vario modo la scrittura manuale: Script, Cursive, Text, Calligraphic. La lettura è difficoltosa ed impegnativa, in particolare se tutte le lettere sono maiuscole.
Il font Script è molto elegante e viene utilizzato per inviti speciali con un testi brevi e rituali.
Il Cursive sembra piegare verso destra, come a voler collegare le letture l’una all’altra.
Il font Text, invece, è stato il primo ad essere utilizzato da Gutenberg, l’inventore della stampa a caratteri mobili.
Viene scelto spesso per la stesura dei certificati e diplomi. Il Calligraphic è un tipo di carattere molto elegante, da usare in punta di fioretto. - Decorative: Il quarto ed ultimo gruppo è il decorative, che non viene utilizzato per testi narrativi, ma soprattutto per lavori di grafica o artistici.
I font graziati sono generalmente più leggibili di quelli senza grazie, come dimostrato sia dalla velocità di lettura che dal livello di comprensione. Però i font e le dimensioni dei font meno comuni, in inglese noti come disfluent fonts, possono sorprendentemente migliorare la comprensione di testo, si ritiene perché il lettore è costretto a concentrarsi maggiormente sulle parole e perciò analizzare e ricordare meglio le informazioni.
Superato un certo livello di particolarità però i font exceptionally disfluent diventano un muro invalicabile, portando ad una scarsa comprensione ed all’abbandono della lettura.
Il font è emozione
I font sono fondamentali per la percezione di un testo da parte del lettore in quanto rappresentano il primo contatto di tipo emotivo con il lettore, che precede la comprensione del contenuto, e determinano in buona parte l’aspetto visivo complessivo della pagina.
La scelta del font deve essere un incontro tra gusto estetico, esigenze di comunicazione e ricerca di chiarezza e la leggibilità della pagina.
In linea di principio, in un testo stampato o in un sito web non dovrebbero trovarsi troppi font diversi.
Ciò perché il cambio di font è percepito come una frattura nell’armonia compositiva della pagina, che deve essere giustificata a livello estetico, funzionale e comunicativo.
Per questo è possibile utilizzare font differenti per il titolo, il sottotitolo, il corpo del paragrafo, le note, ma la combinazione di font deve essere scelta con cura, per evitare una sensazione generale di incoerenza.
Il testo deve essere leggibile
Sembra una regola superflua, ma non lo è affatto. Anche un lettore motivatissimo, quello che non si spaventa di fronte all’Ulisse di Joyce, è messo seriamente alla prova dal font sbagliato, che complica la lettura ed affatica gli occhi e la mente.
Ecco perché molti libri italiani sono stampati in Garamond (meglio, in Simoncini Garamond, un confortevole carattere disegnato dal francese Claude Garamond nel Cinquecento e ripreso dalla tipografia Simoncini nel 1958). Così sono realizzati i libri Bompiani, BUR Rizzoli, Feltrinelli, Longanesi, Saggiatore, Salani e molti altri.
Mondadori usa il Palatino, Adelphi il Baskerville, tutti i grandi editori insomma usano font graziati e ben noti al pubblico, con ottime caratteristiche di leggibilità e chiarezza, che sono ormai entrate nella memoria collettiva come “normali”, il che ne aumenta la leggibilità soggettiva.
Navigando sul web la difficoltà di lettura aumenta significativamente, nonostante gli schermi sia molto migliorati nel corso degli anni.
Ci sono peraltro dei font studiati appositamente per il digitale, come Tahoma, Verdana e Calibri, tutti font molto semplici e puliti, privi di grazie.
Fa eccezione il Georgia, font graziato voluto da Microsoft proprio per la lettura a schermo.
Per questo i font più stravaganti e creativi possiamo concederceli per i titoli dei libri o dei paragrafi o per le headlines degli annunci stampa e dei manifesti, ma per i testi più lunghi è indispensabile dare assoluta priorità alla leggibilità.
Uno studio pubblicato su Scientific American ha dimostrato come gli studenti ai quali vengono impartite istruzioni in modo chiaro e di facile lettura, utilizzando la font Arial, sono più volenterosi nello svolgimento dei compiti assegnati e affermano di poterli svolgere facilmente.
Coloro ai quali sono assegnate le istruzioni scritte in Brush, font anomalo e ostile, comprendono peggio il testo e ritengono il compito assegnato più gravoso, mettendo in dubbio le loro stesse capacità di poterlo svolgere.
Lo stesso accade per le istruzioni di montaggio dei mobile, i manuali di utilizzo degli elettrodomestici, i ricettari di cucina: se è scritto in modo tipograficamente chiaro, il compito è percepito come più semplice da svolgere da parte del lettore.
D’altro canto, a volte la scelta di un font molto graziato e particolare accresce il valore percepito di un prodotto e consente di applicare un prezzo più elevato: così per le etichette di prodotti esclusivi o per i menù dei ristoranti di fascia alta, che utilizzano un codice visivo che sposa la complessità grafica ai prezzi elevati.
Coerenza al contenuto
Se scrivo: o se scrivo:
non è la stessa cosa, giusto?
E se scrivo è molto diverso da
, o no?
Sarah Hyndman, celebre graphic designer autrice di Why Fonts Matter,ha svolto un sondaggio per indagare quali font rappresentano maggiormente i valori della Dichiarazione d’Indipendenza degli USA.
Sarah Hyndman ha presentato agli intervistati alcuni termini dal forte significato, come “Democrazia”, “Libertà” e “Autonomia”, scritti con diversi font, chiedendo quale fosse quello più coerente ad ogni parola.
- Per “Democrazia” il 62% degli intervistati ha scelto il Georgia, un carattere rassicurante e tradizionale.
- Per la “Libertà” (Freedom) il 45 % delle persone ha preferito un font dalle linee molto sinuose.
- Per la parola “Liberty” (libertà garantita dall’autorità) il font prescelto è graziato, ma più composto.
Così “Indipendente” (Indipendent) è associato dai partecipanti ad un carattere più classico, mentre “Uguaglianza” (equality) si sposa bene ad un font più moderno, con lettere grandi e assertive.

Fonte: sarahhyndman.com
Sarah Hyndman ha concluso che «crediamo in quel che leggiamo quando il carattere e la rispettiva parola sono armonizzati; quando questi due fattori non corrispondono il testo scritto diventa meno autentico».
Allo stesso modo, «riconosciamo più velocemente una parola quando il suo significato rispecchia la tipografia utilizzata»; un linguaggio, questo, che ci permetterebbe «di comunicare ciò che abbiamo da dire in maniera più efficace».
Non possiamo che essere pienamente d’accordo con Sarah.
La psicologia dei font secondo Lexmark
Nello studio “The Psychology of Fonts” del 2001, condotto dallo psicologo Aric Sigman per Lexmark, si ribadisce che “usare il font sbagliato dà alle persone un’impressione sbagliata di te”.
Sigman sostiene che la scelta del font è essenziale, perché “talvolta è importante distinguersi dagli altri, mentre in altri casi è necessario conformarsi a certe norme o protocolli”.
Come in altri ambiti della vita umana, è dunque bene conoscere le buone maniere e comprendere quando è il caso di osare e quando e meglio informarsi e rispettare le convenzioni consolidate.
Ciò perché vi è una relazione diretta tra il contesto ed il font utilizzato, così stretta da rendere visibili incongruenze quando in un certo contesto viene utilizzato un font inadatto.
Altri elementi dello studio di Sigman toccano l’uso dei font nelle aziende, nelle presentazioni personali, nei curricula e via dicendo.
Emerge la considerazione che “la tecnologia per esprimersi attraverso la scelta dei font è molto avanzata e accessibile, ma le persone non ne stanno ancora sfruttando le potenzialità”. Non possiamo che concordare, l’accesso a strumenti info-tipografici potenti non va di pari passo con la capacità di gestione degli stessi.
Tra gli elementi che è meglio considerare per rendere coerente il nostro font, secondo Sigman spiccano:
- le dimensioni, che sottolineano l’importanza di una parte di testo rispetto ad un’altra o rispetto ad un’immagine;
- il colore, che andrà armonizzato al corpo (dimensione) utilizzato, all’argomento trattato, alla collocazione su uno sfondo neutro o su un’immagine;
- i font rotondi sono percepiti comunemente come più amichevoli ed intimi;
- i font con linee dritte o angoli (senza grazie o sans serif) suscitano freddezza e rigidità nel lettore;
- i font similari ai Courier, che ricordano le vecchie macchine da scrivere, sono considerati antichi e impersonali;
- i font Arial, Modern o Universal, incontro tra vecchio e nuovo, infondono poche emozioni e rappresentano una scelta sicura per chi non vuole sbilanciare il tono della comunicazione;
- i font calligrafici sono sinonimo di amicizia e familiarità.
L’utilizzo appropriato del testo, del suo stile e delle sue caratteristiche formali, come l’uso del grassetto, del corsivo, del positivo, del negativo, delle ombre contornato, e così via decreteranno la migliore efficacia della nostra comunicazione.
È importante sempre ricordare che oltre agli aspetti psicologici e comunicativi, la scelta dei font deve essere studiata e testata in differenti contesti per dar vita a testi scorrevoli, chiari ma soprattutto leggibili, in grado di portare a segno il messaggio.
Il web non è fatto di carta
Per il web sono disponili ormai moltissime font dedicate, che facilitano enormemente la lettura, come il Verdana, il Calibri ed il Tahoma.
Ma come rendere più agevole la lettura su schermo? La risposta è un po’ articolata e dipende da diversi fattori.
Se i testi sono molto lunghi è più leggibile un carattere con le grazie: i romanzi stampati su carta utilizzano i caratteri serif.
Se i testi sono brevi scegliamo un carattere senza grazie, soprattutto per la lettura su schermo, più faticosa per l’occhio umano nonostante il miglioramento dei displays.
Il corsivo in generale è molto penalizzante per la lettura, mentre i caratteri arrotondati (come il Georgia) la favoriscono.
Sul web il corsivo va usato con il contagocce perché assottigliando le linee dei caratteri aumenta la difficoltà di lettura. Stessa considerazione per i caratteri con ombre (shadows) o bordi in rilievo, che risultano spesso sgradevoli a video.
Per quanto riguarda l’uso del maiuscolo, i font presentano a volte caratteri simili tra loro e risultano difficilmente leggibili, sebbene gradevoli esteticamente.
A schermo la lettura è spesso veloce, in quanto si scansiona con gli occhi il contenuto alla ricerca di ciò che più interessa, per cui è importante la distintività dei singoli caratteri.
Per questo le scritte tutte in maiuscolo si leggono oggettivamente con maggiore difficoltà (oltre ad essere come urlate).
Gli spazi e l’interlinea ben equilibrati favoriscono la leggibilità, non bisogna avere paura dei vuoti e distribuire il testo in modo armonioso rispetto ai contenuti.
Invece la funzione giustifica può fare disastri, nel dubbio sempre meglio bandierare a sinistra! Un paragrafo giustificato è sostanzialmente una paragrafo mal fatto, a maggior ragione con l’avvento dei siti responsive.
Per migliorare la leggibilità del testo su schermo curiamo anche il contrasto tra testo e sfondo, perché l’occhio umano non ama i forti contrasti e percepisce meglio, anche se sembra contro intuitivo, un carattere nero su sfondo grigio piuttosto che uno nero su sfondo bianco, ad esempio.
La presenza di immagini di sfondo sono da evitare (a meno di particolari esigenze), in quanto creano una base disomogenea in cui i caratteri si fondono con i particolari dell’immagine, presentando al lettore un codice molto complesso da decifrare.
Per finire, sul lettino del grafologo
Scegliere di utilizzare un font piuttosto che un altro è indicatore di personalità assimilabile ai criteri grafologici con cui analizziamo la scrittura.
Molte persone scrivono ormai più con il computer piuttosto che a mano, per cui anche i grafologi cominciano a confrontarsi con l’analisi del testo scritto non a mano, ma con l’ausilio di strumenti elettronici.
Da questo punto di vista la possibilità di scegliere tra un ampio menù di font consente maggiormente i esprimere la propria personalità. I font più utilizzati per la scrittura con il pc sono peraltro i soliti noti: Arial, Comic Sans MS, Courier New, Georgia, Times New Roman, Trebuchet MS, Verdana.
Secondo una disamina pubblicata sul blog di www.scuoladigrafologia.com nel 2012, ecco gli aspetti psicologici nascosti in ogni carattere partendo da considerazioni generali prese in prestito dalla grafologia, per cui:
Le dimensioni ridotte indicano carattere introverso e riflessivo, quelle maggiorate indicano la predisposizione all’estroversione ed alla concretezza.
La forma arrotondata è indice di socievolezza, generosità, amabilità, quella angolosa indica cautela e difesa dell’Io, freddezza e rigidità.
Lo spessore del tratto (assimilabile all’uso del grassetto) se molto marcato indica forte energia e passionalità, se sottile delicatezza, sensibilità, vulnerabilità, femminilità.
Caratteri con grazie o senza: la prima tipologia è indice di narcisismo, senso estetico, cura del dettaglio, la seconda di schiettezza, sobrietà, chiarezza.
Applicando dunque i principi grafoloci ai font più comuni possiamo dire indicativamente che:
- Arial è un font pratico e senza fronzoli, concreto e versatile, esprime sicurezza e poche emozioni.
- Times New Romans è un font che adoperato quando si invia un messaggio formale denota un carattere tradizionale.
- Georgia: font più attuale e largo del Times New Romans, rimane ancora ad uno stile classico. Risulta molto leggibile, le grazie sono leggermente più larghe e con i tratti terminali più piatti e decisi.
- Comic sans MS, font simpaticamente odiato dai grafici, è stato voluto da Microsoft per imitare i caratteri dei fumetti, nasce per testi destinati ai bimbi, oggi è usato spesso per i messaggi meno formali, è spiritoso e denota una personalità sciolta e spontanea.
- Courier New esprime attenzione al passato e rigore formale, mascheramento dell’Io, allineamento con le idee comuni.
- Trebuchet MS: più superficiale del Verdana, ha dimensioni delle lettere ridotte. Calibro piccolo, denota capacità di pensiero.
- Verdana: i caratteri sono distanziati tra loro senza toccarsi mai e ciò porta ad una chiarezza e facile comprensibilità. Esprime buona capacità d’ascolto e di comunicazione.